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Respingimenti: Unchr scrive all'Ue, Cei: "respinti su strade di fame e morte"
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In seguito ai recenti respingimenti effettuati dall’Italia verso la Libia, l’Alto Commissario António Guterres ha chiesto alla Commissione Europea di "valutare l’opportunità di convocare un incontro tra Italia, Malta, Libia, Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) e altri partner rilevanti per lavorare insieme su una strategia congiunta mirata a trovare una soluzione più soddisfacente alla migrazione irregolare nel Mediterraneo". In una lettera indirizzata ieri al vicepresidente della Commissione Europea Jaques Barrot, Guterres ha affermato che "l’Unhcr si rende conto della pressione esercitata dalla migrazione irregolare in Italia e in altri stati membri dell’Unione Europea".
Ma, al tempo stesso, sottolinea la nota dell'Alto Commissario, "l’Unhcr ritiene che siano a rischio i principi fondamentali che dovrebbero guidare la risposta a questi movimenti di popolazione". "In linea con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea garantisce il diritto di chiedere asilo in caso di persecuzione e stabilisce che il principio di diritto consuetudinario internazionale del non-respingimento esclude il ritorno a situazioni dove la vita o la libertà dell’individuo siano messe a repentaglio". Guterres conclude evidenziando che "la concessione di asilo resta una responsabilità dei singoli stati e che l’attività dell’Unhcr non può rappresentare in alcun modo un sostituto di tale responsabilità". L’Unhcr ribadisce infine che sta incrementando la sua presenza in Libia per poter dare più sostegno a coloro che hanno necessità di protezione internazionale.
La nota di Unhcr è stata diffusa all’indomani di alcune controverse dichiarazioni del presidente del Consiglio italiano, secondo il quale i Centri di identificazione ed esplusione (Cie) del nostro paese "assomigliano molto ai campi di concentramento". "I Centri di identificazione degli immigrati assomigliano a dei campi di concentramento, tanto è vero che il Parlamento ha negato che la permanenza possa essere aumentata a sei mesi" - ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi nella conferenza stampa in con il presidente della Commissione Ue, Jose' Manuel Barroso. "C'è da sottolineare - ha aggiunto Berlusconi - che per noi l'ipotesi del respingimento ha come premessa l'aiuto che viene fornito a questi immigrati e negli ultimi giorni abbiamo osservato che i respingimenti funzionano come deterrenza alle partenze".
Parole alle quali - riporta l'agenzia Misna - è sembrato rispondere oggi il Segretario generale per la Sicurezza pubblica della Libia, il paese dove sono stati ricondotti i migranti intercettati nel Mediterraneo dalla Marina militare italiana. "A Tripoli – ha detto il responsabile – le condizioni dei luoghi di detenzione non sono peggiori di quelle dei centri italiani".
E sulla questione dei respingimenti e più in generale delle recenti prese di posizione di esponenti della maggioranza di giveno in materia di sicurezza è intervenuto ieri anche mons. Arrigo Miglio, presidente della 'Commissione Cei per i problemi sociali e il lavoro' e vescovo di Ivrea. La decisione delle "nostre autorità di riportare sulle sponde africane coloro che cercavano di raggiungere il nostro Paese" corrisponde a farli tornare indietro "su strade di fame e di morte che già conoscevano: non tutti erano bisognosi di asilo, non tutti santi, ma poveri lo sono di certo e in questa occasione sono divenuti assai simili a Cristo, scaricato da Pilato a Erode e viceversa; i due in quel giorno divennero amici, dopo essere stati nemici".
Ancor più esplicito il Segretario del Pontificio Consiglio della pastorale per i Migranti e gli Itineranti, mons. Agostino Marchetto. Nel suo intervento ad un convegno contro la tratta di esseri umani ha ribadito che la Chiesa cattolica continua a condannare i respingimenti di immigrati avviati dal governo italiano, reclama il rispetto delle norme internazionali e ha invitato politici e opinione pubblica a saper discernere tra semplici migranti, rifugiati e vittime del traffico di esseri umani. "Una nave italiana, anche se naviga in acque extraterritoriali, è sempre un pezzo d'Italia - ha affermato e come tale è tenuta al rispetto delle leggi".
"Solo pochi Paesi - ha stigmatizzato l’arcivescovo - proteggono le vittime, dando la possibilità di rimanere nella società ospitante e integrarsi. E se oggi "si fa spesso ricorso a politiche d’immigrazione più severe, a maggiori controlli alle frontiere e alla lotta al crimine organizzato", questo è “un approccio ristretto e limitato”, insufficiente per contrastare il traffico di esseri se non si affrontano le vere cause del fenomeno, impedendo che le vittime rimpatriate si ritrovino nelle stesse condizioni da cui hanno cercato scampo". Occorre quindi offrire alle vittime o potenziali vittime “possibilità concrete di sfuggire al ciclo povertà-abuso-sfruttamento”. “Potrei aggiungere personalmente – ha concluso mons. Marchetto – che anche il restringimento attuale per i migranti dell’accesso regolare ai paesi sviluppati spinge molti a cercare vie alternative irregolari”. [GB]